martedì 28 febbraio 2012

Giuseppe, il successore di Luigi Di Bella


E’ di nuovo polemica, a distanza di 4 anni dalla chiusura definitiva dell’argomento, a mezzo sentenza della Corte di Cassazione, per cio’ che attiene l’utilizzo del “Metodo Di Bella” in ambito terapeutico per la cura del cancro. E’ un Giudice del Tribunale di Bari, Maria Procoli, che accoglie il ricorso di un paziente che vorrebbe avvalersi della terapia accantonata definitivamente nel 2008 dall’organo supremo di giudizio.
Dunque, in ossequio ai fondamenti costituzionali, si e’ liberi di scegliere, in caso di malattia, la cura che ognuno pensi sia la migliore per se’ o si deve soggiacere comunque alle direttive sanitarie nazionali e/o farmacologiche, che impongono limiti e deviazioni a seconda del tipo di cura ? La questione e’ davvero delicata, e se, come l’Onorevole Marino ha gia’ avuto occasione di affermare, un giudice non puo’ prescrivere ricette mediche, e’ altrettanto vero che un paziente non dovrebbe essere costretto a terapie “serializzate” che dimostrano scarsa sensibilita’ verso i suoi bisogni individuali e dove la percentuale di fallimento della cura esiste ugualmente ed e’ a volte sottaciuta. La terapia di Luigi Di Bella non ha superato efficacemente il test scientifico per l’adozione delle sue prerogative nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, benche’ taluni dei farmaci utilizzati, siano i medesimi delle terapie tradizionali. La somministrazione completa si basa su altre composizioni ed ingredienti, ed a quanto dice Giuseppe Di Bella, figlio dell’oncologo scomparso nel 2003 e medico egli stesso, questa non sarebbe la prima disposizione di un tribunale a consentire il trattamento in oggetto, ve ne sarebbero altre duemila che avrebbero costretto ASL territoriali a somministrare il trattamento richiesto dai pazienti malati. Aggiunge inoltre che tutte le banche dati mondiali dispongono della ricetta Di Bella e che in Cina, per cio’ che attiene il tumore al seno, essa ha registrato ben 122 guarigioni senza interventi operatori. Fra i malati le aspettative di guarigione generalmente vengono calcolate in termini percentuali, e gia’ questo tipo di approccio pone tutta la materia in un campo di indagine statistico che poca delicatezza e sensibilita’ dimostra avere  nei riguardi di chi necessita calore e comprensione. Il malato di cancro, indipendentemente dalla terapia scelta e dalla tipologia cancerosa, e’ un malato, interamente malato, quindi interamente da ristabilire, possibilmente. Evidenti aberrazioni in cui la salvezza di un organo ne distrugge l’altro o piu’, dequalificando la vita a mero contenitore di un corpo in formalina, sarebbero da evitare prima di ogni altra cosa, benche’ ogni malato abbia diritto alla speranza. Le false illusioni lascino il posto alla promozione di un etica volta verso il rispetto della dignita’ dell’individuo e che vede la vita quale insieme di valori complessi che nel loro intreccio misurano un grado di espressione vitale, il cosiddetto principio vitale, al di sotto del quale, il concetto stesso di vita perde ogni senso.
Bologna 28 febbraio 2012 h. 3.37 pm Mario R. Zampella

















Nessun commento:

Posta un commento