martedì 12 aprile 2011

L'Omerta' e' la Follia

E’ consuetudine in Italia spazzare lo sporco sotto i tappeti, insabbiare, camuffare, tacere, appellarsi all’omerta’ come via di salvezza, occultare, bisbigliare e sussurrare se proprio e’ necessario comunicare, ricorrere a strani linguaggi corporei, comunicazione antropologica di grande effetto semantico, tic nervosi, gestualita’ e segni che rivelano molto, insomma le pratiche comuni per circumnavigare problemi che altrimenti costituirebbero scandalo, se non persino condanne a morte. Se poi di tanto in tanto qualche brandello di verita’ resta su in piedi per distrazione, all’imbarazzo pubblico segue la tortura, pratica antica che risale ai periodi bui del medio evo, quando nessuno poteva discutere il potere pontificio e discreditare le sacre scritture. Galileo abiuro’ le sue affermazioni, Copernico le diffuse sotto falso nome, il povero Giordano Bruno pago’ a caro prezzo la sua coerenza, Tommaso Campanella invece si salvo’, dichiarandosi folle, stato mentale non punibile per l’oggettiva assenza della ragione, quindi non attendibile per tutto cio’ che ne segue. La follia e’ il capro espiatorio a cui si ricorre quando proprio ne v’e’ soluzione di sorta, scomode verita’ insopprimibili sono elegantemente relegate in ambito psichiatrico per ridurle a mere dichiarazioni senza senso, come Mussolini che condanno’ l’amante ed il figlio illegittimo al manicomio per tacere il fattaccio. E’ l’ipocrisia di stampo mafio-fascista che regna e regola l’andamento di ogni genere di rapporto. Piazza Fontana, Ustica, le stragi di Stato, si tace per evitare la morte o in subordine l’elettroshock. Per non citare Leonardo Vitale, pentito di mafia che oso’ fare i nomi, torturato con psicofarmaci ed internato, poi rilasciato ed assassinato dalla mafia.
Peppino Impastato, per sei mesi dopo la sua morte ritenuto erroneamente un dinamitardo, quando dalla sua radio denunciava a chiare lettere infuocate il male di un paese radicato nel DNA. E tornano in mente le ultime parole del Giudice Caponnetto secondo cui tutto costituisce una grande finzione, lui, che tocco’ con mano la realta’ dei fatti e comprese l’enorme giostra di cui facciamo parte, una giostra che gira, gira e gira, offrendo di volta in volta foto diverse ma dello stesso medesimo luogo.
Fiumicino 12 aprile 2011 h. 04.07 am. Mario R. Zampella













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