mercoledì 23 marzo 2011

Gioco Stupido


Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare, oppure, il gioco e’ bello quando dura poco, e ancora, g iochi di mano, giochi da villano etc etc.. Il gioco rappresenta sin dall’eta’ infantile, il primo veicolo di interazione sociale, la via maestra alla conoscenza del mondo. Senza ipocrisie di sorta e pregiudizi perbenisti, esso si manifesta in tutta la sua autenticita’ varcando le soglie del bene e del male, imprimendo la misura dell’esperienza nei meandri neuronali della memoria. In seguito il gioco non cessa di rappresentare il mezzo attraverso cui gli individui si confrontano, con la differenza che un bambino esprime crudelta’ o benevolenza a livello istintuale, gli adulti invece lo fanno consapevolmente. Il gioco dunque assume aspetti inquietanti che comprendono sadismo, violenza, intolleranza e collera cieca. E tutto e’ gioco, dai fenomeni economici alla politica, dalle ricerche analitiche ai movimenti religiosi, in un vortice di interazioni sociali che vorrebbe escluderne l’essenza ludica esaltando la serieta’ e la consapevolezza di qualsivoglia relazione. Divenendo adulti il gioco non fuoriesce dall’esperienza individuale e collettiva, bensi’ affina le sue armi, muta il suo carattere indagatore in esercizio del potere a seconda dei casi piu’ o meno favorevoli. E cosi’ la ruota gira, proponendo ciclicamente e sempre piu’ cinicamente i cari ricordi dell’infanzia in cui ‘l’innocenza’ istintuale esorcizzava la violenza e la crudelta’ con semplici escamotages mentali, con la finzione. Ogni gioco ha il suo limite strutturale oltre il quale la naturale escalation di rimpalli ribalta le posizioni originali in posizioni antitetiche. In particolare, la violazione delle regole, il mancato rispetto dei fondamenti che articolano le relazioni sociali e il malfunzionamento della giustizia che placa i malumori, determinano il decadimento di quell’interazione vivace che arricchisce e educa gli individui. Ma gli adulti sono consapevoli, senzienti e autocoscienti, essi non possono confessare la natura giocosa delle loro azioni, ne’ tantomeno esorcizzare gli eventi con la finzione, quindi, danno massima espressione alla propria potenza incuranti se la stessa produca violenza o meno, anzi, in virtu’ delle posizioni acquisite con la crescita, le scelte di carattere antipopolare sono sintetizzate nel male necessario alla pacifica convivenza. Analogamente all’eta’ infantile, il gioco fra adulti espleta le sue funzioni in scala gerarchica, con struttra piramidale, ed in relazione alla propria personale posizione si puo’ essere parte attiva, semplice pedina o sinanche vittima dello stesso. Tutto dipende dagli investimenti erogati a favore o contro ogni esistenza individuale. Una sorta di scommessa sul cavallo vincente. Un altro giro, un’altra corsa. L’unica speranza da alimentare e’ che il gioco sia la mera simulazione di una realta’ inesistente o di una possibile probabilita’ futura e che la sua finzione rappresenti lo scopo di vanificare, annullare ed escludere tutto cio’ che di anticivile lastrica i nostri percorsi futuri.
Mercatale (FI) 23 marzo 2011 h. 4.57 am. Mario R. Zampella
















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