martedì 26 gennaio 2021

GIORNO DELLA MEMORIA 27.01.2021

 

In occasione della ricorrenza del Giorno della Memoria (27 gennaio 2021) si riporta di seguito la traduzione della testimonianza di Eva Braun, cittadina polacca, tratta dall’archivio del Museo della Memoria YAD VASHEM (ISRAELE) https://www.yadvashem.org/odot_pdf/Microsoft%20Word%20-%202594.pdf   (The World Holocaust Remembrance Center) e tradotta dallo scrivente.

Dalle testimonianza di Eva Braun: Quando ho saputo di essere libera, sono rimasta molto impaurita. Eva Braun nacque in Slovacchia nel 1927, fu deportata ai campi di Auschwitz e Reichenbach e lavoro’ nelle industrie Philips e Telefunken. Fu liberata dalle truppe americane a Salzwedel. “Ci svegliammo al mattino e c’era un silenzio assoluto. La torre dell’orologio era vuota. Gli uomini delle SS erano spariti. Improvvisamente sentimmo un rumore provenire dalla strada. Eravamo molto deboli. Tutti seduti intorno all’isolato del campo. Non potevamo muoverci, tuttavia qualche ragazzetta si avventuro’ all’esterno. Auto e carri blindati stavano arrivando. Potevamo sentirli bene ora. Ci prese il terrore che i tedeschi stessero tornando. Ma qualcuno grido’ che erano gli americani. Le truppe vennero e ci liberarono …Era la liberta’. Ci riempimmo di gioia. Quelli del mio gruppo erano troppo deboli per uscire a dare il benvenuto agli americani. Era troppo per noi. Eravamo logori, esausti, senza la possibilita’ di muoverci. Cio’ nonostante, ad uno ad uno andammo dai soldati e loro ci offrirono confezioni intere di cibo. Ci raccomandarono di non mangiare troppo e velocemente, perche’ nelle nostre condizioni ci avrebbe ucciso. Tutti durante la guerra abbiamo pregato per la nostra liberazione, ed eccola all’improvviso. Siete liberi.  Ma dopo aver elaborato l’idea della liberta’, ho realizzato che realmente  tutto il tempo trascorso a sperare di vedere mio padre, e a osare di sperare della possibilita’ di vedere mia madre,  si concretizzavano a dispetto di tutto. Sapevo nel profondo del cuore  che tutto era irrealistico, ma ero certa che avrei rivisto mio padre. Ma ancora v’erano forti dubbi ed iniziai a comprendere che non sarebbe mai accaduto. Quando ho saputo di essere libera mi sono ritrovata anche spaventata. Cosa avremmo cercato ? Eravamo sopravvissuti e dovevamo tornare alla civilta’, ma qual era il comportamento da adottare in un mondo normale ? Eravamo solo due giovani ragazze senza nulla. Chi ci avrebbe protetto ?  Cosa avremmo fatto ? Eravamo eccitati ma i nostri sentimenti erano confusi. Avevamo anche paura. E’ difficile descrivere e spiegare tali sentimenti di paura e gioia al tempo stesso. Era il nostro nuovo palco. Ora, dopo la liberazione, cosa saremmo andati a fare ? Non avevamo nulla. Eravamo terrorizzati dall’idea di non aver piu’ nessuno da reincontrare.  Avevamo il bisogno che qualcuno ci guidasse e si prendesse cura di noi. E in grande misura, mi preoccupavo per la mia piccola sorellina e un’altra ragazza. Piu’ che altro desideravo che qualcuno si occupasse di me e alleviasse il mio fardello di preoccupazione per le ragazze, cosi’ da non esserne responsabile, cosi’ da essere sotto la protezione di un adulto. E’ difficile da spiegare ma desideravo fortemente qualcuno che si occupasse di me, qualcuno a cui appoggiarmi. Cio’ che se ne deduce e’ che la liberta’ e’ relativa e che puo’ avere diverse misure. La preoccupazione del futuro ora mi pesava. Dovevamo costruirlo, ma come si fa ?

Fonte: Kleiman,  Yehudit  and  Springer-Aharoni,  Nina,  L’Angoscia della Liberazione, Yad Vashem, Jerusalem 1995, pp. 45-46.

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