Poteri criminali e istituzionali lavorano insieme. E’ la conclusione di Antonio Ingroia,
oramai ex magistrato che imbocca definitivamente il percorso politico. La destinazione
ad Aosta, quale nuova sede per l’espletamento della sua attivita’ di giudice, lo ha convinto
a mollare la carriera di magistrato, dopo 25 anni prestati al servizio di uno Stato ancora
una volta, come gia’ accadde per Giovanni Falcone, ingrato e sospetto di collusione con
i poteri illeciti. La lettura della sua decisione conferma quanto accade dietro le quinte di
un teatrino logoro, e sconforta non poco cio’ che ermerge dalla sua scelta, un quadro
immutato da piu’ di cinquant’anni. Non solo. L’allarme sembra invocare il tragico appello
“si salvi chi puo’”, con la consapevolezza che non c’e’ posto per tutti. Ingroia afferma che
il suo impegno trascorso alla lotta alla mafia non poteva sclerotizzarsi bersagliando figuri
con la classica coppola, e che questa era l’unica possibilita’ concessagli. La storica
collaborazione alternata fra poteri criminali e istituzionali, si palesa apertamente in
occasione dello sbarco degli alleati in Italia, quando tutte le forze erano unite nell’intento
di sconfiggere la dittatura esistente. Da allora le vicende vedono collaborare, ora si, ora no,
la mafia con la legalita’, come un pendolo inarrestabile. Se Falcone affermo’ che, come tutti i fenomeni, la mafia e’ destinata alla sua fine, la storia contemporanea sembra smentirlo a
favore di una piu’ realistica ipotesi: l’Italia e’ detentrice di un brevetto esportato in tutto
il mondo, che costituisce il modello di riferimento piu’ accreditato e che garantisce immunita’, enorme potere e profitti, in barba a chi crede ancora che la coppola sia il segno distintivo
del male. L’ultimo barlume di speranza potra’ forse concretizzarsi con la cessazione di ogni ostilita’ di guerra nello scacchiere internazionale.
Sabato 15 giugno 2013 h. 12,37 pm. Mario R. Zampella
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