Due i temi prevalenti in prossimita’ delle elezioni politiche italiane: giustizialismo
e garantismo. Il primo in funzione della presenza all’interno delle liste di soggetti
indagati, in attesa di giudizio di secondo e terzo grado, coinvolti in procedimenti
giudiziari relativi a reati gravi e quant’altro. Il secondo invece in relazione alla
difesa del diritto di tali soggetti ad essere esercitato. In merito, le due correnti di
pensiero, l’una che afferma la assoluta incompatibilita’ del ruolo di parlamentare
avendo precedenti e/o procedimenti in corso (condizione richiesta in ogni concorso
pubblico) e l’altra che afferma l’inviolabilita’ del diritto di ogni cittadino ad essere
considerato innocente sino alla sentenza definitiva della Cassazione, non sono in
contrasto. A parte l’eccezione di un capo coalizione condannato in primo grado
per frode fiscale, Mr. Silvio Berlusconi, dal cui pulpito discende l’invito alla rinuncia
per tutti coloro del PDL che hanno problemi con la giustizia, il principio secondo cui
ogni candidato alla governance italiana dovrebbe provenire da un passato immacolato
e’ giusto per rispetto dovuto all’elettorato. Quest’ultimo potrebbe d’altro canto preferire
anche candidati non proprio candidi ma cio’ denuncerebbe una prassi non in linea con
i fondamenti della democrazia internazionale. Qualsiasi funzione di carattere pubblico,
richiede almeno lo status riabilitato da eventuali condanne precedenti, se non proprio
l’esclusione assoluta da ogni possibile candidatura, e tanto piu’ ne sarebbe valido il
principio, per la copertura di incarichi ad alta responsabilita’. Quindi giustizialismo,
quale semplice pretesa che il diritto penale italiano trovi piena applicazione nella vita
quotidiana dei cittadini, senza distinzioni di classe, razza, sesso e religione, perche’ la
legge e’ uguale per tutti, come del resto sia tutelata la garanzia per ognuno, di essere
giudicato colpevole solo ad eventuale sentenza definitiva.
Guidonia, 23 gennaio 2013 h. 9.30 am. Mario R. Zampella
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